Saranno le vendite online a salvare i negozi dal rischio di non riaprire quando finirà la situazione particolare che stiamo vivendo? Oppure il futuro è nelle video consulenze, grazie al servizio degli addetti collegati attraverso WhatsApp, Messenger, Skype e compagnia bella? E perché no, una telefonata allungherà la vita dei negozi, offrendo la possibilità di ordinare e consegnare qualsiasi prodotto? Stesso potere taumaturgico per i social, per le chat, le email, e quant’altro la tecnologia mette a disposizione dei clienti e dei retailer?
La digitalizzazione è sufficiente per risolvere tutto al 100%?
La risposta più giusta a tutte queste domande, è: DIPENDE!
Siamo ormai tutti d’accordo da tempo sulla necessità di integrare il negozio fisico con quello online, garantendo alla clientela nuove esperienze d’acquisto, sempre più coinvolgenti e appaganti, con servizi personalizzati.
Digitalizzare un’attività commerciale, oggi più che mai, è diventato un passaggio obbligato per essere competitivi sul mercato. E nel periodo di lockdown abbiamo toccato con mano cosa significa trascurare il processo di digitalizzazione.
Le aziende che non erano online non hanno potuto portare avanti la loro attività, registrando un crollo vertiginoso delle vendite.
Tanti imprenditori si sono rimboccati le maniche e, in questa nuova ondata, si sono fatti trovare preparati, sfruttando le risorse messe a disposizione del web.
Eppure c’è un aspetto a cui, temo, tanti non abbiano dato la giusta importanza. E per il quale ho risposto “dipende”.
Qual è il livello di servizi online che oggi, davvero, la maggior parte delle aziende, specie le piccole imprese e i negozi di ogni genere, in primis quelli locali, è in grado di offrire ai clienti?
Escludiamo dalla scena i big, Amazon su tutti, e le organizzazioni davvero strutturate, con personale dedicato e, soprattutto, estremamente preparato. Tutti gli altri, che si stanno riversando in massa sull’online e su sistemi di vendita “alternativi”, siamo sicuri che abbiano costruito solide basi, fondamenta, pilastri di valore per fidelizzare e sviluppare la clientela?
Cioè, in poche parole, in ogni fase del nuovo percorso di acquisto dei clienti, costretti a casa dalle misure restrittive del Governo, quante lacune stanno manifestando tanti negozianti? Quanta improvvisazione sta subendo la clientela? Dover vendere a tutti i costi per reagire a un momento così complicato, sta diventando un alibi per il servizio mediocre.
Certo, nessuno si aspettava di dover cambiare il proprio modello di vendita in tempi così rapidi, ci mancherebbe. Ovvio che i titolari dei negozi, gli store manager e gli addetti vendite non erano preparati a interagire con i clienti attraverso una telecamera, oppure a chattare di continuo e a passare più tempo al telefono. Idem per i social, spesso ancora gestiti da autodidatta e con una forma molto discutibile. Da videochiamate soporifere, a telefonate improvvisate, a chat con tracce di lingua italiana corretta ed errori di vario genere, il servizio clienti che si sta offrendo, in tantissimi casi, lascia molto a desiderare. C’è orientamento alla vendita, innanzitutto. E ciò non favorisce la fidelizzazione, purtroppo.
Senza metodo, processi e procedure non pervenuti, il risultato spesso non è dei migliori. Molti dipendenti vengono “adattati” a nuovi ruoli per i quali non hanno né le abilità, né le conoscenze, né le competenze. Ecco, quindi, che a gestire gli inevitabili reclami ci sono persone che non hanno la “struttura” per farlo; a scrivere in chat, vengono assegnati collaboratori che non sono in grado né di scrivere correttamente né di gestire un cliente, fornendo risposte da brividi. Quanto poi agli ordini e alle consegne, in alcuni casi diventa un terno al lotto per i clienti. E non parlo solo di chi sta provando a fare consegne a domicilio e fa un ritardo di oltre un’ora per la consegna di 4 pizze.
Si lo so, stai pensando: le attività commerciali devono pur sopravvivere. Giustissimo, sono il primo a dirlo e ad essere vicino e solidale per le difficoltà che sta vivendo il settore del commercio, in particolare.
Il punto è che, anche chi è partito con largo anticipo con la trasformazione digitale della propria azienda, in molti casi manifesta difetti nel servizio ai clienti. Si tratta di una cultura che va coltivata e non improvvisata. Le persone devono essere formate. Leggere un’email piena zeppa di errori grammaticali, così come in una chat e in un post sui social, allontana invece di avvicinare. Per non parlare delle distoniche risposte fornite ai clienti che richiedono legittime spiegazioni per i disservizi subìti.
Quindi, l’integrazione tra vendite online e offline va benissimo a patto che si dedichi la giusta attenzione ai dettagli, all’organizzazione di ogni fase e alla formazione del personale che si occupa di “nuovi” compiti. Oggi tutto è amplificato, anche gli errori.
Il servizio di valore è qualcosa a cui i clienti non vogliono rinunciare, anche in questo momento. Chi sta adeguando il proprio business ai cambiamenti in atto nel retail, ne deve tener conto ed è giusto che si organizzi in maniera realmente professionale.
Nel 2020 non si è più confrontati con il negozio a 200 metri ma con il mondo. Ogni attività commerciale, anche la più piccola, che vuole raccogliere la sfida, si deve dotare al top per vincerla.
Buone vendite!
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